La notizia è stata accolta con entusiasmo dalle molteplici associazioni ambientaliste (e anche da alcuni enti locali e rappresentanti dei territori). Il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha decretato il “semaforo rosso” alle operazioni di estrazione di gas naturale nel Delta del Po. Il progetto “Teodorico” era stato approvato nel marzo del 2021, con il consenso dell’esecutivo (allora presieduto da Mario Draghi). Da allora, l’impresa australiana Po Valley Operations aveva ottenuto il permesso per costruire una piattaforma di gas, ed operare al largo dell’Area Marina Protetta “Nord Adriatico-Delta del Po”, una zona dichiarata patrimonio dell’Unesco. In base a questo via libera è già stata operata una perforazione a meno di un chilometro dai confini del Delta del Po, tra le 6 e le 12 miglia marine di distanza dalla costa, sito marino di interesse comunitario.
Con la sentenza emanata dal Tar, si rendono note le ragioni dello stop, che sono da far risalire ad una mancata osservazione degli effetti che tali perforazioni potrebbero causare alla fauna locale. Il giudice ha confermato che questa mancanza costituiva una violazione della normativa comunitaria e nazionale sulla natura. Secondo le ragioni del tribunale, infatti, lo Stato non avrebbe valutato a sufficienza gli impatti delle attività di sfruttamento del gas sull’area protetta adiacente, che ospita delfini, tartarughe marine e una serie di altre specie fondamentali. La sentenza annulla il permesso di operare alla società e impedisce la costruzione della piattaforma di gas
“Il Delta del Po è l’unico delta esistente in Italia e una delle più grandi riserve nazionali di zone umide con sbocco a mare privo di sbarramenti”, si legge sulla pagina online dedicata dell’Organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura.