Le infrastrutture fisiche e digitali sono un elemento imprescindibile per un’Europa che guarda a un futuro nel quale merci e persone circolano sempre più velocemente e sempre più liberamente. A ribadirlo con forza è l’Ispi, Istituto Italianoper gli Studi Politici Internazionali. Concetti che sono contenuti anche nella quarta uscita de “Le parole dell’Europa”, dedicata per l’appunto alle infrastrutture quali strade, ferrovie, reti di telecomunicazione ma anche ai progetti in cantiere e alle criticità legate a un tema che negli ultimi mesi ha occupato spesso il centro del dibattito pubblico, come dimostrato anche dalla recente visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia e dal summit tra Cina e Unione Europea dello scorso 9 aprile.
“Le infrastrutture come strade, ponti, ferrovie, reti di telecomunicazione e digitali non sono un elemento statico del nostro paesaggio, una semplice piattaforma su cui si muovono merci, dati e persone. Sono anche un motore di crescita economica, che attira investimenti, aumenta la produttività e favorisce la crescita sul lungo periodo – dicono dall’Ispi – Le infrastrutture sono uno strumento fondamentale attraverso cui i territori possono incrementare la loro connettività, favorendo l’incremento degli scambi, una maggiore velocità informativa e un miglior uso delle risorse. Le infrastrutture, in sintesi, permettono di organizzare persone e risorse in senso funzionale, scavalcando i confini disegnati dalla geografia politica”.
CRITICITA’, RISCHI E NUOVE OPPORTUNITA’
In un contesto complesso come quello odierno non mancano tuttavia notevoli criticità, come per esempio quelle legate a un’ottica comune sulla tematica da parte dei singoli paesi. “Ogni Paese ha un approccio diverso agli investimenti infrastrutturali – sostiene l’Ipsi – I Paesi avanzati si preoccupano di mantenere e aggiornare le infrastrutture esistenti. I paesi emergenti, invece, necessitano di nuove infrastrutture per garantire i servizi essenziali a una popolazione in crescita e migliorare le proprie prospettive di sviluppo. A livello mondiale però, il gap infrastrutturale è ingente: nel 2019, l’investimento totale in infrastrutture è stimato in 2,7 trilioni di dollari, a fronte di un fabbisogno pari a 3,1 trilioni per mantenere l’attuale livello di crescita economica”.
Seguendo questa tendenza, il gap è destinato ad ampliarsi, raggiungendo un possibile valore complessivo di 15 trilioni di dollari nel 2040. Per ridurre il deficit, i governi cercano sempre più spesso di coinvolgere finanziatori privati, in particolare attraverso le Public-Private Partnerships (PPPs).
Nell’Unione europea (UE), nel contesto della realizzazione di un mercato comune realmente coeso ed integrato, le infrastrutture occupano una posizione privilegiata. Il Trattato di Roma aveva previsto una politica comune dei trasporti, e da circa trent’anni l’Unione si è dotata di un piano per realizzare un proprio sistema infrastrutturale, le Trans-European Networks (TEN). Gli obiettivi dell’UE rispetto alle infrastrutture sono vari: completare i collegamenti non ancora esistenti, soprattutto a livello transfrontaliero; ridurre le differenze nella qualità delle infrastrutture tra i diversi Stati membri; armonizzare norme e requisiti operativi nazionali; ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti del 60 per cento entro il 2050.
L’IMPORTANZA DEI COLLEGAMENTI E I NUOVI INVESTIMENTI
Per raggiungere tali obiettivi, la priorità dei prossimi anni è completare la cosiddetta rete centrale (core) TEN-T, cioè quella costituita dai corridoi stradali e ferroviari che connettono le principali aree urbane europee con porti e aeroporti. L’azione dell’UE in ambito infrastrutturale si allarga poi al settore dell’energia (dove l’Europa punta a maggiore efficientamento energetico, riduzione delle emissioni e sicurezza negli approvvigionamenti) e della connettività digitale (con l’estensione della banda larga a servizi pubblici, nodi logistici e imprese). Per finanziare gli investimenti infrastrutturali in Europa intervengono diversi fondi: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo di coesione, la Connecting Europe Facility (CEF), InvestEU (già Fondo europeo per gli investimenti strategici, EFSI), la Banca europea degli investimenti (BEI) e fondi privati. Nel prossimo budget dell’UE, per il periodo 2021-2027, lo stanziamento proposto dalla Commissione per il CEF supera i 42 miliardi di euro, in aumento del 40% rispetto al precedente bilancio 2014-2020.
Nel grafico – Passano dall’Italia quattro dei nove corridoi della Ten-T core, la rete di strade e ferrovie che l’Unione europea ha in progetto per collegare le principali città e snodi logistici del continente.
Gli investimenti dell’UE in ambito infrastrutturale si allargano a comprendere anche i Paesi coinvolti nella politica europea di allargamento e di vicinato. Se l’obiettivo dichiarato è quello di avvicinare tali Paesi al mercato europeo, la strategia ha però anche ricadute geopolitiche e punta ad allargare la sfera di influenza europea, contrastando gli interessi politici ed economici di altri attori internazionali. Sempre di più, infatti, le infrastrutture stanno assumendo anche una funzione geopolitica, diventando uno strumento di proiezione della forza economica e politica delle maggiori potenze globali. Negli ultimi anni, la Cina è stato l’attore che si è mosso maggiormente in questo senso: gli investimenti infrastrutturali cinesi in Europa, Asia e Africa hanno influenzato in modo significativo le relazioni internazionali, evidenziando asimmetrie che, in alcuni casi, si sono trasformate in veri e propri rapporti di dipendenza.
LA CINA E LA NUOVA VIA DELLA SETA
L’iniziativa principe della Cina in ambito infrastrutturale è però senza dubbio la Belt and Road Initiative (BRI). La BRI punta a velocizzare e a rendere meno costoso il trasporto di persone e merci in un’area geografica che si estende dalla Cina all’Europa, coinvolgendo il 64% della popolazione mondiale e il 30% del PIL globale. L’Europa è un tassello chiave di questa nuova Via della Seta, dal momento che ben tre dei sei corridoi della BRI terminano nel Vecchio Continente, due dei quali in Paesi membri dell’UE (Germania e Paesi Bassi).
Oltre all’investimento in infrastrutture fisiche, la Cina si sta anche muovendo con decisione nel campo della connettività digitale puntando in particolare sulla tecnologia wireless 5G, che permette di migliorare velocità e volume di trasferimento dei dati rispetto alle tecnologie 4G e al 4G LTE. La Cina sta gradualmente acquisendo la leadership mondiale nello sviluppo del 5G attraverso l’azione di aziende quali Huawei e ZTE. A tale proposito, le infrastrutture della BRI sono una piattaforma che permette di velocizzare la commercializzazione delle tecnologie 5G lungo il loro corso. Questa doppia strategia sta già dimostrando le proprie potenzialità.