martedì, Aprile 30, 2024

Tonet e una Comacchio MC 12 salvano la Chiesa di San Martino a Valle di Cadore

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La Chiesa di San Martino, a Valle di Cadore, è un capolavoro d’arte e una testimonianza storica inestimabile. Grazie all’impresa di un grande specialista come l’impresa Tonet – con il contributo fondamentale di una perforatrice Comacchio MC 12 – ora l’edificio religioso è salvo, dopo le opere di consolidamento e ancoraggio necessarie a scongiurarne la drammatica rovina

Guardare l’abisso è stato da sempre il destino secolare della Chiesa di San Martino in Valle di Cadore. Pensare che questa dimora religiosa è costruita sulle rovine di un antico castello di origine romana, su un colle che guarda le Dolomiti e la Val Boite, non fa che accrescerne l’emozione storica suscitata all’osservatore, soprattutto in considerazione della precarietà di insediamento che mette da secoli a dura prova la resistenza dell’edificio. L’ultima ancora di salvezza necessaria alla Chiesa di San Martino – dedicata proprio al santo che scongiura le malattie e la morte – è stata lanciata attraverso l’impegno di amministratori, progettisti e imprese del territorio. Nello specifico, al progetto dell’intervento – messo a punto e approvato tra la fine del 2021 e il gennaio 2022 – è seguita la gara d’appalto, nella primavera del 2022, che ha visto l’assegnazione all’impresa Tonet. I lavori delle maestranze sono iniziati, quindi, alla fine dell’estate scorsa. L’importante intervento precedente, che fu eseguito all’inizio degli anni Duemila, con la realizzazione di una berlinese di micropali, non bastava più. Dopo la tempesta Vaia di fine ottobre 2018, seguita dalle abbondanti nevicate dell’inverno 2020-2021, il terreno circostante al sistema di ancoraggio era sprofondato di sette metri, soprattutto sul versante sud-est.

“La roccia, se pur presente a profondità variabile in alcune porzioni del substrato geologico, presenta un andamento irregolare che ricorda la forma di una lama che affiora nel piazzale antistante la chiesa – ci spiega l’ingegner Siro Andrich, progettista e direttore dei lavori a Valle di Cadore – A ridosso della roccia c’è invece un materiale sufficientemente addensato, dello spessore di 12 m circa. Sotto questi 12 m, iniziano a esserci ghiaie e sabbie pulite, fino a 55 m di profondità dal piano della chiesa. A 30 m circa dal piano della chiesa c’è una falda. La forte pendenza del versante e questo tipo di substrato molto plastico innescano la fratturazione verticale, con crepe di rilassamento larghe 1-1,5 m. Complice anche la minore resistenza alla trazione di queste rocce rispetto alla media; alcune delle masse rocciose presenti in superficie si sono disarticolate nel tempo, staccandosi e muovendosi lungo il versante. La presenza di queste masse rocciose si nota lungo il corso del torrente Boite che scorre a fondo valle”. Il progetto di messa in sicurezza, come ci mostra sempre l’ingegner Andrich, prevede la realizzazione di una sorta di botte intorno allo sperone su cui sorge la chiesa, rinforzando così la struttura già esistente. “La previsione è stata fatta sulla base delle misurazioni condotte e l’intervento è stato dimensionato di conseguenza, contando sul fatto di poter sostenere un ulteriore abbassamento del terrapieno fino a 3,5 m – rivela ancora il direttore dei lavori – Lo scopo è quello di chiudere tutto il terrapieno della chiesa all’interno di un diaframma, in modo da assicurarne la stabilità, indipendentemente dal moto franoso che continuerà a esistere. In pratica, si tratta di realizzare una nuova serie di micropali, sovrastati da un cordolo posizionato al piede della berlinese esistente, che andranno ancorati alla roccia sottostante per mezzo di tiranti. Il nuovo cordolo permetterà di scaricare la tensione esercitata sui vecchi tiranti che si ancoravano alla berlinese, mentre i nuovi micropali permetteranno di ridurre la spinta sulla berlinese esistente”.

Dopo le dichiarazioni dell’ingegner Andrich, la parola passa ai protagonisti in cantiere; vale a dire, la squadra tecnica dell’impresa Tonet che ha portato a termine le lavorazioni in pochi mesi, seguendo una tempistica irreprensibile. “Il progetto poneva molte difficoltà dal punto di vista esecutivo, dal momento che tutti gli interventi andavano realizzati intorno allo sperone di roccia sul quale è insediata la chiesa – sottolinea Andrea Da Rin De Monego, direttore tecnico del settore opere speciali all’interno del gruppo Tonet e responsabile del cantiere – Il versante sud-est era interamente franato, non c’erano vie d’accesso e si è dovuto procedere a piccoli passi, creando opere provvisionali che a intervento ultimato diventeranno permanenti. Nelle primissime fasi, a fine agosto, si è dovuto lavorare con un escavatore ragno, tagliando il cordolo esistente per creare un accesso alla scarpata e un primo tracciolino. Con una perforatrice Comacchio MC 4D con centrale idraulica separata, siamo riusciti poi a installare 21 micropali da 13 e 6 m di profondità sul lato valle; al di sotto dei micropali, è stata creata un’arcia con tondoni in larice. Il tutto è stato legato con fune in acciaio alle berlinese preesistente a monte; infine, è stato riportato del materiale arido per il fondo della rampa, realizzando così una strada d’accesso. Le porzioni di cordolo da realizzare sono state suddivise in sei segmenti, lunghi circa 6-7 m ciascuno. L’esecuzione prevedeva, in successione: lo scavo per piano di lavoro alla quota di progetto; micropalo dove previsto; tiranti a barra Dywidag; esecuzione e getto del cordolo; serraggio del tirante a mano; infine, il passaggio allo scavo successivo A ogni segmento corrispondevano circa 10 micropali, mentre l’ultimo pezzo, lungo 5 m, è semplicemente tirantato e non prevede l’installazione di micropali”. 
La logistica di cantiere contemplava spazi di manovra ridotti al minimo. Tutto il materiale doveva essere trasportato in cantiere utilizzando un piccolo camion da 40 quintali di capacità, l’unico mezzo con dimensioni così contenute da poter accedere alle aree anguste a disposizione. Tutto il resto – altri materiali e attrezzature supplementari – è stato scaricato e trasportato a mano. “Fortunatamente la Comacchio MC 12 ha una larghezza di 2.100 mm ed è riuscita a inserirsi nell’apertura di accesso di 265 cm (apertura che si riduce ulteriormente in curva) – rimarca ancora Andrea Da Rin – La macchina è stata ritirata dalla fabbrica il 1° settembre del 2022 ed è stata destinata subito a questo cantiere. Una macchina di taglia superiore non avrebbe potuto inserirsi in questi spazi, ma grazie alle elevate prestazioni del motore (115 kW) e della testa di rotazione (parliamo di ben 1.300 daNm di coppia) non abbiamo avuto difficoltà a realizzare le perforazioni. Grazie al cinematismo del mast abbiamo potuto lavorare a ridosso della berlinese esistente, inserendoci negli spazi minimi che il cantiere offriva. Il terreno risulta molto compatto, non ci sono vuoti o altre anomalie, pertanto in perforazione non abbiamo riscontrato problemi. Rivestivamo i primi 12-18 m e dopo riuscivamo ad andare giù a foro aperto. Non tutti i micropali però si intestano in roccia, con alcuni (specie quelli posizionati sotto alla porzione corrispondente al campanile) non è stato infatti possibile raggiungere lo strato roccioso, situato a una profondità che supera i 60 m. Tuttavia, anche questi micropali poggiano su un materiale valido. Lo stesso vale per i tiranti; i primi che abbiamo realizzato avevano una lunghezza di 25 m, sono stati testati a 40 ton e collaudati a 65 ton”.
I nuovi micropali – per un totale di 48 – sono insediati a una profondità variabile fino alla quota massima di 22 m e un diametro di 220 mm, sono armati con tubi da 159 x 12,5 mm e gettati con boiacca di cemento. Per quanto riguarda i tiranti, di una lunghezza da 25 e 32 m, sono composti da barre Dywidag da 40 mm permanenti, a doppia protezione. Nella prima zona a fine rampa – per un tratto di circa 17 m – ne sono stati collocati nove in doppia fila sul cordolo e sei sulla parete, a circa 2 m di altezza. Nel successivo cordolo da 30 m, sono stati eseguiti 15 tiranti, sempre utilizzando la MC 12. “Il complesso delle palificazioni e ancoraggi è stato ultimato tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre – aggiunge il responsabile di cantiere della Tonet – Contestualmente, siamo intervenuti anche sulla vecchia berlinese, composta da micropali di 200 mm di diametro con tubo da 127 I micropali sono stati inseriti in un sistema di staffe d’armatura saldate, sulla base del quale – con dei casseri a perdere – è stato costruito un muro di placcaggio per conferire rigidità alla struttura sovrastante. La superficie è stata poi coperta con metodologia spritzbeton per ottenere una finitura più ruvida e permettere a piante e muschi di attecchire, ricreando l’aspetto di un muro naturale”.

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