Un campione di dimensioni straordinarie ha aiutato i geologi ad accertare in dettaglio la composizione del mantello della Terra e le sue geologie più profonde, nonché le complesse condizioni biogeochimiche che hanno portato alla generazione della vita stessa. Scavando sul fondo dell’Atlantico un gruppo di ricercatori ha estratto un campione di roccia a 1.268 metri di profondità per studiare le origini del pianeta.
La ricerca, compiuta dal gruppo guidato da Johan Lissenberg, è stata pubblicata ora dalla rivista Science, ma l’avventura nel profondo del pianeta a bordo della nave di perforazione oceanica Joides Resolution risale ad un anno fa. Lissenberg e colleghi hanno pubblicato i risultati dell’analisi della lunga carota della dorsale medio-atlantica ottenuta durante la spedizione 399 dell’International Ocean Discovery Program (IODP) dal Massiccio Atlantico.
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Lissenberg ha riportato le varietà minerali significative trovate nel nucleo, come il suo grado di serpentizzazione (dove i minerali vengono alterati in un minerale verde chiamato serpentino). Erano attesi livelli elevati del minerale pirosseno, ma erano sorprendentemente bassi rispetto ai tipici campioni simili in tutto il mondo. Ciò potrebbe essere dovuto a una sorta di cambiamento chimico (dissoluzione) avvenuto durante il flusso di fusione.
In tutto il campione emergono prove di rocce che incontravano fluidi idrotermali, nonché alterazioni dovute agli agenti atmosferici imposte dall’esposizione all’ossigeno. Si è scoperto che l’intrusione di un tipo di roccia vulcanica chiamata gabbro è il colpevole dell’alterazione idrotermale, collegata ai fluidi provenienti dalle bocche idrotermali.
Il sito esatto dove è avvenuta la perforazione si chiama Lost City Hydrothermal Field, così chiamato perché presenta bocche idrotermali da cui sgorga acqua surriscaldata dal mantello. Finora se ne erano però estratti campioni limitati attraverso operazioni di dragaggio dal fondo o scavi di qualche centinaio di metri. Quello ottenuto dal team di ricerca racchiude invece segreti più profondi, incastonati all’interno di una carota dal diametro da 6,5 centimetri. Per effettuare il carotaggio, i ricercatori raccontano di essersi dovuti ingegnare, aggiungendo un apposito rivestimento in cemento armato.